Raniero Gnoli: Parā Trimśikā

La Parā Trimśikā, la trentina della Suprema, detta anche, come vuole Abhinavagupta, Parā Trimśikā, cioè la “ Suprema, sovrana delle tre ” è, insieme col Marinivi Jaya, il testo sacro più importante della scuola Trika. Come tutti i tantra, l’epoca della sua composizione è ignota e l’unica cosa che di esso può dirsi è che già nel IX-X secolo era, in Kashmir, uno dei testi più venerati e studiati.


La Parā Trimśikā, nello stato in cui ci è giunta, è composta da trentasei stanze, e, secondo che avviene in moltissimi tantra, si presenta sotto forma di un dialogo fra la Dea che interroga e Bhairava — Śiva nella sua forma “ tremenda ” — che risponde. La risposta del Tremendo alla Dea che lo interroga (stanze 1, 2 e 3a) contiene una breve cosmologia (stanze 5-9a), la spiegazione della “ natura suprema ”, del “ cuore ” dell’assoluto, il quale si identifica, come vedremo, coll’omonimo celebre mantra1 (stanze 9b-11, 21-25a), l’esposizione dei poteri di esso mantra (stanze 11b-20), e l’illustrazione dei metodi con cui dev’essere adorato (stanze 26-36).


L’argomento centrale del commento di Abhinavagupta è il “ cuore ”. Il cuore è allo stesso tempo, la coscienza, il pensiero che si esprime nel vario spiegamento del tutto, e l’omonimo mantra che simboleggia questo spiegamento. La simbologia del cuore è in India, com’è noto, antichissima. “ Quant’è lo spazio che vediamo intorno a noi (leggiamo già nella Chandogya Upanisad, 8, 1, 3) tanto è lo spazio che sta dentro il cuore. E la terra e il cielo son in esso raccolti; e il fuoco e il vento; e il sole e la luna; e il lampo e le stelle; e quant’uno ha in questo mondo e quanto non ha : tutto è in esso raccolto. ”

Il cuore è il santuario del sé, dell’ātman, immaginato nei bei versi della Mahā Nārayana Upanisad, come un sole o un fuoco che irraggia da tutte le parti.

“ Il cuore, simile a un calice di loto, rivolto verso il basso, sta sotto la nuca, dodici pollici più in alto dell’ombelico.

Risplende, circondato di fiamme, santuario grande del tutto; e, avviluppato da una rete di vene, pende simile ad un calice di loto.

Nella sua estremità, v’è una cavità minuscola, dove il tutto ha il suo fondamento; e in mezzo ad essa è un gran fuoco, fiamma universa, che irraggia da ogni parte.

Egli è il sole, il veggente eternamente giovane che gode primo del cibo e lo spartisce; e li risiede e i suoi raggi son tesi dappertutto, in alto, in basso e di traverso.

(E cosi il cuore) riscalda questo corpo che gli appartiene, dalla pianta dei piedi fino al capo; e in mezzo ad esso è stabilita, sottile, drizzata, la fiamma aguzza del fuoco, splendente, come un lampo dal seno d’una nuvola scura, sottile come un filamento di riso, gialla, raggiante, piccola come un atomo.

E nel mezzo di questa fiamma, è stabilito il supremo Sé; e questo è Brahmā, è Śiva, è Hari, è Indra, l’indistruttibile, il re di se stesso! ”

“ Il vero sé, ātman, l’assoluto, il signore di tutte le cose (leggiamo nella Bhagavad Gītā) risiede in fondo al cuore, e, dall’interno del cuore, muove, colla sua forza magica, tutti gli esseri, presi nella gran macchina del mondo. ” Nella Parā Trimśikā cogliamo l’eco della medesima tradizione spirituale. “ Come un grand’albero sta, in forma di potenza, dentro il seme della fìcus indica, cosi tutto questo mondo, cogli enti mobili e immobili, sta dentro il seme del cuore. ”